I giochi che entrano in nomination per l'anno 2020 nella categoria Echantillon della Carboneria sono:
- Blades in the dark (edito da Grumpy Bear Stuff) di John Harper
Questo è l'esordio per la nuova casa editrice e dimostra di essere un esordio di qualità, dal punto di vista della cura editoriale, traduzione e materiali.
Il gioco è interessante per molti motivi: l'ambientazione e il soggetto, in pratica si gioca l'ascesa di una banda di criminali in una metropoli fantastica ottocentesca completamente ottenebrata da un cataclisma e infestata da fantasmi; le regole per il conduttore del gioco, che prendono a piene mani dalla felice esperienza dei Powered by the Apocalypse e aggiungono elenchi di buone pratiche e pessime pratiche da evitare; un sistema di gioco estremamente ritmato, preso a piene mani dall'esperienza di Burning Wheel, molto strutturato e a tratti un po' troppo pieno di eccezioni, però nella sua struttura ripetitiva si riesce ad apprendere presto e non risente troppo di eventuali dimenticanze sulle regole particolari.
Vanno premiate anche le originalità, come quella del Posizionamento e Efficacia di una prova, meccanica che permette di superare, con consapevolezza, anni di difficoltà basate su un numero target: qui siamo in un altro campo ed è tutto molto più interessante.
C'è qualche stortura, rispetto al passato, qualche elemento che, pur di favorire la giocabilità a tutti (inteso a giocatori di stampo moderno e tradizionale), tende a generare qualche area oscura nelle interpretazioni delle regole. E giocandoci si rende evidente come più di molti giochi delle ultime due decadi, ma molto meno di giochi di impostazione tradizionale, si sente il bisogno di accordarsi al tavolo su regole e standard precisi che il manuale non fornisce e non vuole fornire.
E come già per il mondo dell'apocalisse, questo gioco ha creato una sua etichetta di brand per giochi che si ispirano ad esso, i Forged in the Dark.
Lo trovi qui: https://grumpybearstuff.com/giochi/blades-in-the-dark/
L'edizione italiana è stata arricchita inoltre da due altrettanto interessanti "poesie di ruolo" di autori italiani. L'edizione e la sua grafica non entrano mai in giudizio, per noi, ma abbiamo apprezzato il coraggio di un formato strano e intrigante per il tipo di uso che se ne può fare. Forse va sottolineata un po' la fragilità, con gli anelli di metallo che potrebbero spezzare qualche pagina considerando il peso complessivo. In questo caso ci sentiamo fortemente di estendere pienamente i nostri complimenti anche all'editore per il coraggio mostrato nel voler dare credito a questa raccolta, grazie.
- 24 Game Poems (edito da Nessun Dove in collaborazione con Dreamlord Games) di Marc Majcher
L'edizione italiana è stata arricchita inoltre da due altrettanto interessanti "poesie di ruolo" di autori italiani. L'edizione e la sua grafica non entrano mai in giudizio, per noi, ma abbiamo apprezzato il coraggio di un formato strano e intrigante per il tipo di uso che se ne può fare. Forse va sottolineata un po' la fragilità, con gli anelli di metallo che potrebbero spezzare qualche pagina considerando il peso complessivo. In questo caso ci sentiamo fortemente di estendere pienamente i nostri complimenti anche all'editore per il coraggio mostrato nel voler dare credito a questa raccolta, grazie.
Lo trovi qui: https://www.dreamlord.it/prodotto/game-poems/
Drow, o elfi oscuri, che sono i protagonisti del gioco che stiamo presentando. Complimenti all'editore italiano per il tempismo perfetto!
Perché Spire ci parla di una città colossale in un mondo fantasy urbano (con vene decisamente piantate nel New Weird alla China Mielville) dominata dalla stirpe degli elfi chiari e in cui i drow sono soggiogati e resi servi, il soggetto parla di un gruppo di questi drow che aderiscono a un movimento di ribellione che cerca di sovvertire l'ordine costituito e ridare piena libertà e dignità al popolo degli elfi oscuri. E ogni riferimento alla situazione degli afroamericani negli USA (ma a anche ai nativi americani) è ricercato e voluto.
La cosa però che ci fa piacere non è semplicemente la tematica, ma il fatto che le regole siano un ottimo esempio di come scrivere bene un gioco e supportare le tematiche con meccaniche adeguate. E di come si possano creare ottimi circoli virtuosi tra conseguenze meccaniche e scelte narrative successive.
Sebbene non ci sia alcun riferimento esplicito alcuni di noi hanno costatato una forte somiglianza tra i principi che regolano questo gioco e le regole di Blades in the dark.
Le meccaniche sono suggestive, ma hanno anche la forza di mettere in difficoltà il giocatore e la morale che sta portando avanti per il personaggio, mettendolo di fronte a scelte dure e talvolta anche scelte etiche dure. C'è il piacere di vedere come escapismo e impegno sociale possano riuscire a affiancarsi con così tanta facilità.
- Spire (edito da Isola Illyon Edizioni) di Grant Howitt e Christopher Taylor
Drow, o elfi oscuri, che sono i protagonisti del gioco che stiamo presentando. Complimenti all'editore italiano per il tempismo perfetto!
Perché Spire ci parla di una città colossale in un mondo fantasy urbano (con vene decisamente piantate nel New Weird alla China Mielville) dominata dalla stirpe degli elfi chiari e in cui i drow sono soggiogati e resi servi, il soggetto parla di un gruppo di questi drow che aderiscono a un movimento di ribellione che cerca di sovvertire l'ordine costituito e ridare piena libertà e dignità al popolo degli elfi oscuri. E ogni riferimento alla situazione degli afroamericani negli USA (ma a anche ai nativi americani) è ricercato e voluto.
La cosa però che ci fa piacere non è semplicemente la tematica, ma il fatto che le regole siano un ottimo esempio di come scrivere bene un gioco e supportare le tematiche con meccaniche adeguate. E di come si possano creare ottimi circoli virtuosi tra conseguenze meccaniche e scelte narrative successive.
Sebbene non ci sia alcun riferimento esplicito alcuni di noi hanno costatato una forte somiglianza tra i principi che regolano questo gioco e le regole di Blades in the dark.
Le meccaniche sono suggestive, ma hanno anche la forza di mettere in difficoltà il giocatore e la morale che sta portando avanti per il personaggio, mettendolo di fronte a scelte dure e talvolta anche scelte etiche dure. C'è il piacere di vedere come escapismo e impegno sociale possano riuscire a affiancarsi con così tanta facilità.
Lo trovi qui: https://grumpybearstuff.com/giochi/blades-in-the-dark/
Il soggetto parla di una comunità di persone che si trova isolata dal resto dell'umanità e che comincia a sviluppare un linguaggio proprio, con le sue peculiarità e che si comincia a separare da quello originale, comunità però che è destinata a sparire, così come il suo linguaggio, lasciando un retaggio incerto. Il potere della parola, in un gioco di ruolo o di narrazione, è l'elemento fondativo che regola l'esperienza e un gioco che addirittura tratta la creazione del linguaggio stesso colpisce direttamente alla radice il senso di questo hobby. Giocando si conservano nella memoria le storie che abbiamo giocato, contribuiscono a far crescere la nostra esperienza, sempre quasi come delle vere esperienze vissute (perché per la nostra testa di fatto sono state vissute) ma con questo gioco l'esperienza diventa ancora più profonda perché nella memoria si arriva a conservare anche un linguaggio nuovo, o meglio, frammenti di esso.
Gli autori mettono tutta la loro competenza linguistica e la piegano alle regole del game design, o forse si può dire che piegano le buone pratiche del game design ad obbedire alle regole che la linguistica ha individuato come tipiche dell'umana specie.
Sembra un gioco molto complesso, a leggerlo dalla copertina, ma invece diventa molto fluido e facile da giocare, grazie al supporto delle meccaniche.
L'unica spiacevolezza, che però non fa parte dei focus del giudizio, riguarda la gestione della localizzazione, che nell'avviso di alcuni di noi è risultata carente. Proprio in un gioco che parla della lingua, la trattazione del testo e l'adattamento a un lettore italiano è parsa molto meno professionale di quanto sarebbe dovuto essere, prendiamo ad esempio la scelta di inserire il repertorio fonetico latino in fondo al manuale e non accanto a quello originale o addirittura adottato nelle regole principali, di fatto rendendo il suo utilizzo in gioco praticamente inapplicabile e l'esperienza dell'uso con le regole standard un poco dissonante. Qualcun'altro di noi non ha gradito la scelta di portare avanti la grafica originale ma senza rispettarla fino in fondo (mantenendo il testo in rosso e nero), ma senza neppure riadattarla, prendendo la scelta più sciatta e veloce di stampare in grigio e nero, a fronte di un costo comunque non indifferente.
La sensazione è che stavolta senza Narrattiva forse non avremmo potuto godere di questo gioiello in italiano, ma con Narrattiva ce lo godiamo nella sua forma meno brillante. E non potevamo trattenerci dal segnalare la contraddizione evidente che emerge pensando alla bellezza in sé del gioco.
Tornando a concentrarci sul gioco è impressionante notare la natura sostanzialmente esordiente degli autori, per il tipo di maturità dimostrata e possiamo solo sperare che in futuro tornino a farci godere con nuovi giochi.
- Dialect (edito da Narrattiva) di Kathryn Hymes e Hakan Seyalioglu
Il soggetto parla di una comunità di persone che si trova isolata dal resto dell'umanità e che comincia a sviluppare un linguaggio proprio, con le sue peculiarità e che si comincia a separare da quello originale, comunità però che è destinata a sparire, così come il suo linguaggio, lasciando un retaggio incerto. Il potere della parola, in un gioco di ruolo o di narrazione, è l'elemento fondativo che regola l'esperienza e un gioco che addirittura tratta la creazione del linguaggio stesso colpisce direttamente alla radice il senso di questo hobby. Giocando si conservano nella memoria le storie che abbiamo giocato, contribuiscono a far crescere la nostra esperienza, sempre quasi come delle vere esperienze vissute (perché per la nostra testa di fatto sono state vissute) ma con questo gioco l'esperienza diventa ancora più profonda perché nella memoria si arriva a conservare anche un linguaggio nuovo, o meglio, frammenti di esso.
Gli autori mettono tutta la loro competenza linguistica e la piegano alle regole del game design, o forse si può dire che piegano le buone pratiche del game design ad obbedire alle regole che la linguistica ha individuato come tipiche dell'umana specie.
Sembra un gioco molto complesso, a leggerlo dalla copertina, ma invece diventa molto fluido e facile da giocare, grazie al supporto delle meccaniche.
L'unica spiacevolezza, che però non fa parte dei focus del giudizio, riguarda la gestione della localizzazione, che nell'avviso di alcuni di noi è risultata carente. Proprio in un gioco che parla della lingua, la trattazione del testo e l'adattamento a un lettore italiano è parsa molto meno professionale di quanto sarebbe dovuto essere, prendiamo ad esempio la scelta di inserire il repertorio fonetico latino in fondo al manuale e non accanto a quello originale o addirittura adottato nelle regole principali, di fatto rendendo il suo utilizzo in gioco praticamente inapplicabile e l'esperienza dell'uso con le regole standard un poco dissonante. Qualcun'altro di noi non ha gradito la scelta di portare avanti la grafica originale ma senza rispettarla fino in fondo (mantenendo il testo in rosso e nero), ma senza neppure riadattarla, prendendo la scelta più sciatta e veloce di stampare in grigio e nero, a fronte di un costo comunque non indifferente.
La sensazione è che stavolta senza Narrattiva forse non avremmo potuto godere di questo gioiello in italiano, ma con Narrattiva ce lo godiamo nella sua forma meno brillante. E non potevamo trattenerci dal segnalare la contraddizione evidente che emerge pensando alla bellezza in sé del gioco.
Tornando a concentrarci sul gioco è impressionante notare la natura sostanzialmente esordiente degli autori, per il tipo di maturità dimostrata e possiamo solo sperare che in futuro tornino a farci godere con nuovi giochi.
Lo trovi qui: https://narrattiva.it/it/shop/libro/dialect/
- Follow (edito da Space Orange 42) di Ben Robbins
C'erano alcune scelte complesse da prendere riguardo ai giochi di Ben Robbins, il primo era decidere se solo uno o entrambi i giochi da lui scritti e quest'anno localizzati in Italia fossero meritevoli di entrare in questa ristretta lista, il secondo era quale dei due giochi potesse valere la pena.
Questo perché bisogna pur dire che tutti i giochi di Ben Robbins sarebbero meritevoli di menzione in ogni luogo si voglia seriamente parlare di game design.
La risposta alla prima domanda si è deciso di aggirarla, o meglio si è deciso a monte che per quest'anno i giochi in lista sarebbero dovuti essere 5 e se entrambi i giochi fossero stati nel novero della lista, entrambi sarebbero stati inseriti. Effettivamente constatiamo che Microscope sarebbe stato il 6° gioco di questa lista.
Follow è un gioco dalle regole molto semplici, dirette e incredibilmente efficaci. Quasi arido, per chi non fosse abituato, nel suo fornire così pochi elementi e meccaniche ai giocatori. Si gioca quasi come un rituale e il manuale è semplice e diretto.
Il soggetto, per scelta, rappresenta una tematica forte, ma declinabile in una quantità infinita di possibilità: un gruppo che sta affrontando una crisi o minaccia e che potrà avere successo solo lavorando insieme come gruppo. Creare fratture, porterà molto facilmente al fallimento, per tutti, forse eccetto i traditori.
Le regole sono spiegate in modo chiaro in meno di metà del manuale, mentre il resto serve a fornire delle schede preconfezionate e utili a declinare alcune delle situazioni più tipiche in cui un gruppo delle lavorare. Tantissimi preset, con anche domande funzionali assegnate, che risolvono gran parte dei problemi quando ci si siede al tavolo.
Quello che più esalta, delle meccaniche di questo gioco, è quello che non si vede. Le contraddizioni volute dal designer. Come le scene che vengono giocate con un focus sul singolo, in modo apparentemente molto narrativo. Ma che generano emozioni e ragionamenti negli altri giocatori che finiscono per influenzare l'unica meccanica del gioco, quella di esprimere il proprio dissenso con l'inserimento di pietre in un sacchetto. Dissenso che aiuta molto a provocare il fallimento.
Davvero un ottimo gioco, adatto per ogni tipo di persona e senza alcuna necessità di particolare esperienza o preparazione pregressa.
Questo perché bisogna pur dire che tutti i giochi di Ben Robbins sarebbero meritevoli di menzione in ogni luogo si voglia seriamente parlare di game design.
La risposta alla prima domanda si è deciso di aggirarla, o meglio si è deciso a monte che per quest'anno i giochi in lista sarebbero dovuti essere 5 e se entrambi i giochi fossero stati nel novero della lista, entrambi sarebbero stati inseriti. Effettivamente constatiamo che Microscope sarebbe stato il 6° gioco di questa lista.
Follow è un gioco dalle regole molto semplici, dirette e incredibilmente efficaci. Quasi arido, per chi non fosse abituato, nel suo fornire così pochi elementi e meccaniche ai giocatori. Si gioca quasi come un rituale e il manuale è semplice e diretto.
Il soggetto, per scelta, rappresenta una tematica forte, ma declinabile in una quantità infinita di possibilità: un gruppo che sta affrontando una crisi o minaccia e che potrà avere successo solo lavorando insieme come gruppo. Creare fratture, porterà molto facilmente al fallimento, per tutti, forse eccetto i traditori.
Le regole sono spiegate in modo chiaro in meno di metà del manuale, mentre il resto serve a fornire delle schede preconfezionate e utili a declinare alcune delle situazioni più tipiche in cui un gruppo delle lavorare. Tantissimi preset, con anche domande funzionali assegnate, che risolvono gran parte dei problemi quando ci si siede al tavolo.
Quello che più esalta, delle meccaniche di questo gioco, è quello che non si vede. Le contraddizioni volute dal designer. Come le scene che vengono giocate con un focus sul singolo, in modo apparentemente molto narrativo. Ma che generano emozioni e ragionamenti negli altri giocatori che finiscono per influenzare l'unica meccanica del gioco, quella di esprimere il proprio dissenso con l'inserimento di pietre in un sacchetto. Dissenso che aiuta molto a provocare il fallimento.
Davvero un ottimo gioco, adatto per ogni tipo di persona e senza alcuna necessità di particolare esperienza o preparazione pregressa.
Lo trovi qui: https://store.spaceorange42.com/product/26 (manca al momento una landing page informativa sul sito dell'editore)
Memento ludere semper
Memento ludere semper
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