Il Comitato Segreto delle Carbonerie Ludiche assegna l’Échantillon della Carboneria 2020 a
Dialect
di
Kathryn Hymes e Hakan
Seyalioglu
Siamo convinti che non tutti apprezzeranno questa scelta,
Dialect ha saputo essere un gioco divisivo. Ma la verità è che oi lo riteniamo una
delle più pure rappresentazioni di game design per giochi narrativi degli
ultimi 10 anni e ne siamo tutti estimatori innamorati.
Poche volte abbiamo visto un gioco così semplice nelle meccaniche, nella
messa in moto, poter dare così tanto.
Un game design semplice, che si concentra su pochi
elementi, che talvolta lascia fuori dalle regole molti aspetti chiedendo di
ancorarsi soltanto a quanto definito e per il resto lasciar correre
l’improvvisazione e la fantasia.
Eppure ci sono due aspetti meccanici che non possono essere affatto ignorati:
Il secondo è quello delle meccaniche per l’avvio della
partita, che ci hanno conquistato per la loro semplicità d’uso (poche frasi
da leggere e alcune scelte da attuare, la separazione delle ere) ma efficacia
effettiva nel condurre i giocatori.
Non solo, ma questa meccanica iniziale permette certamente a chiunque voglia di
produrre scenari propri, una ricchezza enorme e un’opportunità per tutti.
Dicevamo all’inizio che non tutti apprezzano questo gioco
in cui, molto spesso, sembra di stare in un completo free-form dove la vera
volontà di costruire una storia deve mettercela il giocatore. Critiche che
comprendiamo in parte, perché è vero che il gioco disorienta e fa un passo più
in là in alcuni aspetti fondamentali. Ad esempio, non è un gioco che basa i
suoi meccanismi sul conflitto tra personaggi all’interno della storia,
una cosa a cui tutti sono poco abituati. Ma che è una piccola rivoluzione che
sarebbe da apprezzare e sostenere.
Ancora, è un gioco che non fornisce (passando da una struttura metanarrativa o
passando dall’evoluzione dei personaggi) un arco narrativo preciso e coerente.
E bisognerebbe capire che il protagonista di questo gioco rimane “il
linguaggio” e il gusto dei giocatori di manipolarne uno, con una sua
“storia”. Anche questo è un punto di vista rivoluzionario che dovrebbe essere
apprezzato e sostenuto.
Non sono i personaggi che si interpretano nella storia i protagonisti, ma è la
lingua che parlano ad esserlo. E quei momenti che viviamo sono i momenti in cui
il protagonista ha una crescita evidente, in cui vive la sua storia e aumenta
la sua abilità. Così come vediamo la sua vita, nascere, raggiungere l’apice,
spegnersi.
Questi aspetti così strani lo rendono un oggetto
difficile da manipolare quanto più uno rimane ancorato a modelli usuali del
gioco narrativo e di ruolo, ma sono forse proprio quelli i suoi aspetti che più
meritano il premio.
Forse l'unico vero difetto è un qualcosa che non entra nel
merito del nostro giudizio, ed è rappresentato dalla cura dell’edizione
italiana che ci è parsa davvero molto improvvisata, e che presenta colpevoli
problematiche (ci saremmo aspettati una localizzazione con le istruzioni per la
base latina direttamente nelle regole del manuale e non a fondo del gioco,
magari anche auspicare per un articolo di un linguista italico di pari valore
all’articolo presente nel manuale originale). O anche a un rapporto totalmente
mancato con la comunità italiana che già prima della localizzazione aveva
prodotto del materiale e che è stata totalmente ignorata. O ancora il fatto che
abbia passato più tempo “fuori catalogo” che disponibile in questo ultimo anno
editoriale.
Complimenti sentiti agli autori, cresciuti certamente in una comunità di gioco
fertile, ma che da esordienti hanno saputo regalarci qualcosa di realmente
originale, semplice e innovativo.
Qui trovate il gioco e tutte le informazioni: https://narrattiva.it/it/shop/libro/dialect/
Qui due recensioni interessanti: https://www.storiediruolo.com/dialect-recensione-giocata/
Qui alcuni scenari aggiuntivi: https://mammutrpg.eu/giochi/